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Bagnoli: dalle terme romane alle ceneri industriali – Storia di una rinascita incompiuta

  • 22 Novembre 2024
  • Salvatore Ciotola
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Le origini: dal nome ai primi insediamenti

Bagnoli affonda le sue radici nell’epoca romana, quando questo angolo del golfo di Pozzuoli era conosciuto come “Balneolis”, letteralmente “piccoli bagni”. Un nome non casuale, che derivava dalla presenza di numerose sorgenti termali e fumarole, testimonianza dell’attività vulcanica dei Campi Flegrei.

Il territorio, originariamente paludoso, si estendeva tra il promontorio di Posillipo e la piana di Fuorigrotta, caratterizzato da una costa bassa e sabbiosa che si apriva sul mare cristallino. Le prime testimonianze di insediamenti risalgono all’epoca romana, quando l’area faceva parte del più ampio sistema termale e residenziale di Puteoli (l’odierna Pozzuoli).

Nel medioevo, la zona rimase scarsamente popolata, principalmente dedicata all’agricoltura e alla pesca. I contadini coltivavano principalmente vigneti e agrumeti, sfruttando la fertilità del suolo vulcanico. La vera trasformazione del territorio iniziò solo nell’Ottocento, quando Bagnoli cominciò ad attirare l’interesse di nobili e borghesi napoletani che vi costruirono ville e stabilimenti balneari, attratti dal mare pulito e dal clima salubre.

Questo primo insediamento “moderno” mantenne intatta la vocazione naturale dell’area, rispettando l’equilibrio tra terra e mare che aveva caratterizzato il luogo per secoli. Un equilibrio destinato a essere drammaticamente alterato nel secolo successivo.Terra di acque e benessere: le terme nell’antichità

La Pietra è una zona di confine. Segna il passaggio tra il comune di Napoli e Pozzuoli. Un tempo vi terminava la linea del Tram che univa al centro di Napoli. Una linea che costeggiava il mare e poi dismessa per allargare strade e riempirle di automobili. Altro scempio che ha dovuto sopportare questo posto incantato sul mare. Simpatica la toponomastica; il tratto di strada appartenente al comune di Napoli si chiama via Pozzuoli, nel momento in cui si entra nel comune di Pozzuoli, la strada prende il nome di via Napoli.

Terra di acque e benessere: le terme nell’antichità

Le terme di Agnano rappresentano uno dei tesori più antichi e preziosi dell’area flegrea. Situate in un antico cratere vulcanico, queste terme erano già note e apprezzate in epoca romana per le loro proprietà terapeutiche. Le acque, naturalmente calde e ricche di minerali, emergevano dal sottosuolo vulcanico creando un complesso sistema di sorgenti e vapori naturali.

I romani, maestri nell’arte termale, svilupparono qui un sofisticato sistema di bagni e stufe naturali. Le grotte sudatorie, note come “stufe di San Germano”, sfruttavano i vapori naturali per cure termali e rappresentavano un’attrazione per cittadini e viaggiatori da tutto l’impero. La temperatura delle acque, che poteva raggiungere i 70 gradi centigradi, le rendeva particolarmente efficaci per il trattamento di diverse patologie.

Nel corso dei secoli, le terme di Agnano mantennero la loro importanza, anche se con alterne vicende. Nel XVIII secolo, durante il periodo borbonico, furono oggetto di nuovi studi e valorizzazione. L’interesse scientifico per le proprietà curative delle acque portò alla costruzione di strutture più moderne, trasformando l’antica area termale in un vero e proprio stabilimento termale-sanitario.

La presenza delle terme non era solo un fatto sanitario ma anche sociale ed economico: attorno ad esse si sviluppò un microcosmo fatto di attività ricettive, servizi e piccole attività commerciali che davano vita a un’economia locale florida e sostenibile, in perfetta armonia con l’ambiente circostante.

Uno dei ricordi più vivi che ho di quando era attivo l’Italsider è il momento dell’apertura dell’altoforno. Spesso avveniva di notte e riempiva i sogni di un rumore assordante. Il cielo si colorava rosso fuoco e dal paradiso entravamo all’inferno. Probabilmente ci hanno regalato questa emozione per ricordarci che l’ingresso degli inferi, citato da Dante nella Divina Commedia, è nel Lago D’Averno a due passi da li.

La svolta industriale: quando il ferro sostituì il mare

Il destino di Bagnoli cambiò radicalmente nel 1910, quando l’ILVA scelse quest’area per costruire il suo stabilimento siderurgico. La decisione fu influenzata da diversi fattori: la posizione sul mare che facilitava l’arrivo delle materie prime, la vicinanza alla città di Napoli e la disponibilità di ampi spazi pianeggianti. Una scelta che avrebbe per sempre modificato il volto e l’anima di questo territorio.

Lo stabilimento, inizialmente esteso su 120 ettari, divenne in breve tempo il più grande centro siderurgico del Sud Italia. Nel 1964, con la fusione tra ILVA e Cornigliano, nacque l’Italsider, che negli anni di massima produzione arrivò a impiegare oltre 7.500 operai. Accanto all’Italsider sorsero altri stabilimenti industriali, tra cui la Cementir nel 1954, che produceva cemento utilizzando le scorie degli altiforni come materia prima.

Nisida è un isola e nessuno lo sa

Edoardo Bennato

Questa industrializzazione forzata trasformò Bagnoli da località balneare e termale a polo industriale. Il paesaggio mutò drasticamente: le ciminiere sostituirono le ville liberty, il fumo degli altiforni oscurò il cielo, le scorie industriali riempirono il mare. La spiaggia, un tempo meta di bagnanti, divenne una distesa di sabbia scura mescolata a residui di lavorazione siderurgica.

Il tessuto sociale si trasformò altrettanto radicalmente. La classe operaia divenne predominante, attirando lavoratori da tutta la Campania. Nacquero nuovi quartieri popolari, spesso costruiti frettolosamente per rispondere alla crescente domanda abitativa. L’identità stessa del quartiere si ridefinì attorno alla fabbrica, che divenne il centro non solo economico ma anche sociale e culturale della zona.

Non c’erano molti locali a Bagnoli quando ero ragazzo (oggi la situazione è migliorata). Essendo un quartiere dormitorio creato per i dipendenti Italsider, non si badava molto a rendere vivibile il luogo. La cosa più simile ad un Pub era La Vecchia Roccia, una paninoteca che avevo di fronte casa e che, purtroppo, non esiste più da anni.

Il prezzo del progresso: ambiente e territorio violati

L’industrializzazione di Bagnoli ha rappresentato uno dei più drammatici casi di devastazione ambientale in Italia. L’impatto più evidente si manifestò sul litorale: i fondali marini furono letteralmente sepolti da milioni di tonnellate di scorie siderurgiche e materiali di risulta. La linea di costa venne artificialmente avanzata di circa 200 metri attraverso le colmate a mare, alterando irreversibilmente la morfologia naturale dell’area.

L’inquinamento atmosferico raggiunse livelli allarmanti. Le “piogge rosse”, caratterizzate dalla presenza di ossidi di ferro, divennero un fenomeno comune nel quartiere. Gli abitanti convivevano quotidianamente con una sottile polvere rossastra che si depositava ovunque: sui balconi, sui panni stesi, nelle strade. Le emissioni della Cementir aggiungevano ulteriore carico inquinante, con polveri di cemento che si mescolavano a quelle siderurgiche.

Il sottosuolo subì una contaminazione profonda. Gli sversamenti di sostanze tossiche, tra cui metalli pesanti e idrocarburi, penetrarono nel terreno creando una situazione di grave inquinamento che persiste ancora oggi. Le falde acquifere, un tempo preziosa risorsa del territorio, furono compromesse. Le antiche sorgenti termali, simbolo storico di Bagnoli, vennero progressivamente abbandonate o inglobate nel tessuto industriale.

La biodiversità marina del golfo subì un tracollo. La presenza di metalli pesanti nei sedimenti e le alterazioni della temperatura dell’acqua, causate dagli scarichi industriali, devastarono l’ecosistema marino. La pesca, attività storica dell’area, divenne impraticabile, privando molte famiglie della loro fonte di sostentamento tradizionale.

A Napoli ogni pezzo d’asfalto diventava un campo di calcio, bastavano un paio di giubbotti a terra a delimitare le porte e si giocava. Anche a Bagnoli era così anche se noi, avendo il cancello di passaggio auto del parco eravamo già più fortunati. Ma quando il gioco si faceva serio, una sola porta non bastava e andavamo a giocare in uno spiazzo antistante l’ingresso della Nato. Lo chiamavamo Le casarelle, per la presenza di casette di legno il cui scopo, ancora oggi mi è ignoto. Le casarelle non esistono più, sono state sostituite da campi di basket e dallo stazionamento degli autobus.

La chiusura dell’Italsider, avvenuta nel 1993, fu un processo traumatico per l’intera comunità di Bagnoli. La dismissione, presentata inizialmente come un’opportunità di rinascita e riqualificazione, si trasformò rapidamente in un lungo periodo di stasi e abbandono. Le promesse di bonifica immediata e di riconversione del territorio si arenarono nelle sabbie mobili della burocrazia e degli interessi contrastanti.

La Bagnolifutura, società di trasformazione urbana creata nel 2002, doveva gestire il processo di riqualificazione. Il piano prevedeva la creazione di un grande parco urbano, strutture turistiche, un polo tecnologico e di ricerca. Tuttavia, dopo aver speso centinaia di milioni di euro pubblici, la società fallì nel 2014, lasciando dietro di sé una bonifica incompiuta e progetti rimasti sulla carta.

Gli scheletri industriali divennero il simbolo di questo fallimento. Le strutture dell’ex Italsider, invece di essere completamente smantellate, rimasero in piedi come giganti arrugginiti a testimoniare un’epoca conclusa. L’altoforno, l’acciaieria, la torre di spegnimento: questi monumenti della archeologia industriale, che potevano essere valorizzati come elementi di memoria storica, furono abbandonati al degrado.

Il mancato recupero dell’area ebbe effetti devastanti sull’economia locale. La perdita dei posti di lavoro non fu compensata da nuove opportunità occupazionali. I negozi chiusero, le attività commerciali sparirono, e il quartiere iniziò a svuotarsi. Le giovani generazioni, prive di prospettive, furono costrette a cercare fortuna altrove, accelerando un processo di invecchiamento demografico che ancora oggi caratterizza il territorio.

Viale Campi Flegrei taglia in verticale Bagnoli dalla fermata della Metropolitana alla fermata della Cumana. E’ un viale alberato più volte ristrutturato e più volte ridotto a discarica per colpa della noncuranza dei residenti. Fino a poco tempo fa sulle panchine di pietra insistevano solo anziani, oggi grazie all’apertura di diverse vinerie ci sono anche tantissimi ragazzi. Ubriachi.

Il tessuto sociale lacerato: tra spopolamento e disagio giovanile

La chiusura degli stabilimenti non ha rappresentato solo una crisi economica, ma ha innescato una profonda frattura sociale nel tessuto di Bagnoli. Il vuoto lasciato dalla fabbrica, che per decenni aveva rappresentato non solo il sostentamento ma anche l’identità stessa del quartiere, ha creato un senso di smarrimento collettivo difficile da colmare.

Gli anni ’90 hanno segnato l’inizio di un periodo particolarmente buio per il territorio. L’eroina, che già circolava nei quartieri napoletani, ha trovato in Bagnoli un terreno fertile. Gli spazi abbandonati dell’ex area industriale sono diventati luoghi di spaccio e consumo. Molti giovani, figli di ex operai, privi di prospettive e di punti di riferimento, sono caduti nella spirale della tossicodipendenza. Il fenomeno ha assunto dimensioni allarmanti, trasformando quello che era stato un quartiere operaio orgoglioso in una delle piazze di spaccio più problematiche della città.

Il tessuto demografico ha subito una trasformazione radicale. L’età media della popolazione è progressivamente aumentata: i giovani, quelli che hanno potuto, sono andati via in cerca di opportunità. Sono rimasti gli anziani, ex operai con le loro pensioni, e le fasce più deboli della popolazione, incapaci di trovare alternative altrove. Questa dinamica ha creato un circolo vizioso: l’invecchiamento della popolazione ha portato alla chiusura di scuole, luoghi di aggregazione giovanile, attività commerciali, rendendo il quartiere sempre meno attrattivo per le giovani famiglie.

Le reti di solidarietà sociale, un tempo molto forti grazie alla presenza della classe operaia organizzata, si sono progressivamente indebolite. La perdita dei luoghi di aggregazione tradizionali – dalla sezione di partito al dopolavoro – ha privato la comunità di spazi di incontro e confronto, aumentando l’isolamento sociale soprattutto delle fasce più vulnerabili della popolazione.

Diomede

Bagnoli oggi: tra memoria industriale e speranze future

Trent’anni dopo la chiusura dell’Italsider, Bagnoli rimane una ferita aperta nel tessuto urbano di Napoli. La bonifica dell’area, più volte annunciata e mai completata, procede a rilento tra commissariamenti, inchieste giudiziarie e contenziosi. L’area ex industriale, gestita da Invitalia dal 2015, resta in gran parte inaccessibile, circondata da recinzioni che la separano dal resto del quartiere.

Eppure, nonostante tutto, Bagnoli conserva un potenziale straordinario. La posizione privilegiata nel golfo di Pozzuoli, la presenza di attrattori come la Città della Scienza (parzialmente ricostruita dopo l’incendio del 2013), il Parco dello Sport e il pontile nord, dimostrano che una rinascita è possibile. Le associazioni locali mantengono viva la memoria del quartiere e si battono per una riqualificazione che rispetti la vocazione naturale del territorio, tra turismo sostenibile e cultura.

Alcuni segnali positivi si intravedono: il nuovo accordo di programma firmato nel 2019 ha sbloccato parte dei fondi necessari per la bonifica. Il progetto prevede la realizzazione di un grande parco urbano, il recupero della spiaggia, la creazione di strutture per la ricerca e l’innovazione. Ma i cittadini di Bagnoli, troppo spesso delusi da promesse non mantenute, guardano con cauto scetticismo a questi annunci.

Il futuro di Bagnoli resta incerto, sospeso tra la nostalgia di un passato industriale che ha segnato profondamente l’identità del quartiere e la speranza di una nuova dimensione che sappia valorizzare le sue risorse naturali e culturali. La sfida è trasformare quello che oggi appare come un monumento al fallimento delle politiche industriali e ambientali in un modello di riconversione sostenibile, capace di ridare dignità e prospettive a un territorio che ha già pagato un prezzo altissimo alla modernità.

Piazze a Bagnoli non ce ne sono, è un quartiere costruito da un reticolo di strade parallele che si intersecano tra di loro. Quella che di fatto oggi è una rotonda, una volta era Piazza Gaetano Salvemini, per tutti “la piazzetta”. Basta sapersi accontentare e scendere a qualche compromesso.

Il Bar Cavallo era il cuore pulsante di una piccola piazza di periferia. Dietro il bancone si serviva caffè e si custodivano i segreti di Bagnoli. Dal primo operaio all’alba fino ai ragazzini che giocavano n piazza al pomeriggio, il locale era un microcosmo di vita quotidiana. Dopo la messa domenicale, famiglie intere si ritrovavano per il prendere il classico cabaret di dolci da portare a casa, mentre qualcuno ne approfittava per un aperitivo nell’attesa si facesse ora di pranzo. Oggi al suo posto c’è un altro bar, ma il ricordo di quel luogo d’incontro resta vivo in chi l’ha conosciuto.

ndr – Tutte le musiche che forse avete ascoltato in questo articolo, sono state composte e suonate da me con una tastiera Midi M-Audio collegata ad un MacBook Pro. Logic X mi ha aiutato a sistemare le naturali e ovvie imprecisioni dato che non sono Ludovico Einaudi.

Ho amato molto l’idea di associare una melodia ad un ricordo.

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