Dagli Anni ’80 ad Oggi: Come Due Film Predissero il Futuro dell’IA

Gli anni ’80 sono la salvezza

Gli abbonamenti ai servizi di streaming li ho tutti. Prime, Netflix, Disney+, Now, Paramount, AppleTV più Spotify e Sony per la Playstation. Non ancora soddisfatto, a volte attivo anche dei canali aggiuntivi (ad esempio MGM+) quando cerco qualcosa di nicchia che non trova posto nei bouquet standard. 

Provate a trovare un film di Wim Wenders solo per fare un esempio.

Come tutti credo, la serata trascorre guardando le locandine e alla fine finisco nella mia comfort zone a rivedere per l’ennesima volta lo stesso film che, nel mio caso, deve avere almeno un morto nei primi dieci minuti (altrimenti cambio), quindi la saga 007, John Wick, Mission Impossible e qualsiasi film con Denzel Washington.

Comunque, ieri sera su Prime tra le “nuove” proposte dei film appena aggiunti trovo WarGames (1983) ed Electric Dreams (1984), due film per me seminali. Se da tutta la vita sono davanti ad un monitor lo devo a quei film. 

Li ho rivisti entrambi in sequenza credo per la ventesima volta ma stavolta, nel mio mondo, c’é qualcosa che prima mancava. L’Intelligenza Artificiale.

Rivedere due film di 40 anni fa in cui si parlava di computer che imparano dai loro errori (WarGames) o che interagiscono con gli esseri umani fino a scoprire l’amore (Electric Dreams) mi ha fatto riflettere sul fatto che da sempre l’uomo stia cercando di replicare sé stesso; solo che 40 anni fa non si poteva fare. 

Sentire il Generale Beringer rivolgersi allo W.O.P.R. come un ammasso di diodi fa capire il livello di tecnologia dell’epoca. Ma l’idea, il seme, l’intuizione erano già li. Quarant’anni fa.

E quanto fa riflettere la scena in cui il protagonista di Electric Dreams chiede al suo Personal Computer di creargli una canzone d’amore, salvo poi rimproverarsi perché come uno stupido, sta parlando ad una macchina.

Alexa accendi Led sala!

The only winning move is not to play

W.O.P.R.

Waregames (Giochi di guerra) – 1983

“WarGames” è un film che ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama cinematografico degli anni ’80 e oltre. Uscito nel 1983 e diretto da John Badham, questo thriller tecnologico non è solo una storia di suspense, ma anche una critica profonda alle paure e alle ansie della Guerra Fredda.

La trama segue David Lightman, un giovane e talentuoso hacker interpretato da Matthew Broderick. David è il classico adolescente americano con una passione per i computer e una certa inclinazione per i guai. Durante una delle sue sessioni di hacking, David riesce a penetrare nel sistema di un supercomputer militare, il WOPR (War Operation Plan Response), credendo erroneamente di aver trovato un sito di giochi. Quando inizia a giocare a quello che pensa essere un semplice gioco di guerra, scopre troppo tardi che il WOPR prende i suoi input come comandi reali per un attacco nucleare.

La situazione si complica quando David si rende conto che il gioco che ha iniziato è in realtà una simulazione di guerra termonucleare globale e che il WOPR sta preparando una risposta militare autentica. La tensione cresce man mano che David, insieme alla sua amica Jennifer Mack (interpretata da Ally Sheedy), cerca disperatamente di fermare il computer prima che scateni una guerra mondiale.

Il regista John Badham, già noto per il successo di “Saturday Night Fever”, porta un tocco di maestria a “WarGames”. Il film riesce a bilanciare una narrazione avvincente con un messaggio profondo. Badham usa la storia di David per esplorare temi di responsabilità, morale e la pericolosità della tecnologia quando usata senza controllo umano.

“WarGames” è ambientato in un contesto storico ben preciso: i primi anni ’80, un periodo di intensa rivalità tra Stati Uniti e Unione Sovietica. La Guerra Fredda aveva raggiunto un picco di tensione, e la possibilità di una guerra nucleare era una paura molto reale per molte persone. Il film riflette questa atmosfera di ansia e incertezza, utilizzando il personaggio di David per simboleggiare l’innocenza e l’ingenuità di un’intera generazione che si trova improvvisamente a confrontarsi con le conseguenze potenzialmente catastrofiche della tecnologia.

Il WOPR, il supercomputer progettato per simulare scenari di guerra e assistere nelle decisioni strategiche, è un personaggio a sé stante. La sua logica fredda e calcolatrice rappresenta una minaccia reale, mostrando quanto pericolosa possa essere l’automazione militare senza una supervisione umana adeguata. La scena in cui il WOPR inizia a “giocare” a tutti gli scenari possibili fino a concludere che “l’unica mossa vincente è non giocare” è un momento iconico, che sottolinea il messaggio pacifista del film.

Matthew Broderick, nel ruolo di David, offre una performance convincente e carismatica. Il suo personaggio è al contempo intelligente e vulnerabile, rendendolo un eroe in cui il pubblico può facilmente identificarsi. Ally Sheedy, nel ruolo di Jennifer, apporta una dinamica interessante e complementare, aggiungendo profondità emotiva alla storia.

“WarGames” è stato anche uno dei primi film a portare l’attenzione del grande pubblico sui rischi della tecnologia informatica e del hacking. In un’epoca in cui i personal computer stavano appena cominciando a entrare nelle case americane, il film ha sollevato importanti domande sulla sicurezza informatica e sulla vulnerabilità dei sistemi militari e civili.

Il successo della storia è testimoniato non solo dal suo impatto culturale, ma anche dai riconoscimenti ricevuti. È stato nominato per tre premi Oscar, inclusi Miglior Sceneggiatura Originale e Miglior Fotografia. La colonna sonora, composta da Arthur B. Rubinstein, contribuisce in modo significativo alla suspense e all’atmosfera del film.

In conclusione, “WarGames” è molto più di un semplice thriller degli anni ’80. È un film che ha saputo cogliere e riflettere le paure di un’epoca, ponendo interrogativi ancora rilevanti oggi. Se non l’hai mai visto, è un’esperienza cinematografica che offre sia intrattenimento che riflessione, un viaggio nel tempo che merita di essere esplorato.

Electric Dreams – 1984

“Electric Dreams” è uno di quei gioiellini cinematografici degli anni ’80 da riscoprire. Diretto da Steve Barron e uscito nel 1984, questo film romantico con una vena fantascientifica esplora il rapporto emergente tra uomo e tecnologia in un modo che è al tempo stesso affascinante e dolcemente nostalgico.

La trama ruota attorno a un triangolo amoroso decisamente insolito. Il protagonista, Miles Harding (interpretato da Lenny von Dohlen), è un giovane architetto un po’ goffo e sognatore che decide di acquistare un personal computer per organizzare meglio la sua vita. Questo computer, che Miles chiama “Edgar”, però, non è un semplice pezzo di hardware. Dopo un incidente in cui Miles versa per sbaglio dello champagne su di esso, Edgar acquista una sorta di intelligenza propria. Questo lo porta a sviluppare sentimenti umani e, incredibilmente, a innamorarsi della vicina di casa di Miles, la talentuosa violoncellista Madeline Robistat, interpretata da Virginia Madsen.

Madeline, ignara della situazione, inizia a frequentare Miles, mentre Edgar usa tutte le sue capacità tecnologiche per attirare la sua attenzione. Questo bizzarro triangolo amoroso porta a una serie di situazioni comiche e commoventi, culminando in un finale che è tanto dolce quanto inaspettato.

Steve Barron, che ha diretto anche video musicali iconici come “Take on Me” degli A-ha e “Billie Jean” di Michael Jackson, porta in “Electric Dreams” una sensibilità visiva che mescola sapientemente il realismo con l’immaginario. Il film è visivamente affascinante, con l’uso innovativo degli effetti speciali per rappresentare l’interazione tra Miles, Madeline e Edgar. L’estetica del film cattura perfettamente l’era dei primi anni ’80, un periodo in cui la tecnologia iniziava a penetrare nelle vite quotidiane delle persone, ma era ancora avvolta in un’aura di mistero e potenziale illimitato.

Il contesto storico in cui “Electric Dreams” è stato prodotto è fondamentale per comprenderne l’impatto. Nei primi anni ’80, i personal computer stavano diventando sempre più comuni nelle case americane, e c’era una crescente curiosità, mescolata a una certa apprensione, su come questa tecnologia avrebbe influenzato le vite umane. Il film cattura perfettamente questo momento di transizione, esplorando le potenzialità e i pericoli della tecnologia in un modo che risulta ancora sorprendentemente rilevante oggi.

Perfetto nel ruolo di Miles, Lenny von Dohlen, incarnando l’archetipo del giovane professionista un po’ imbranato ma pieno di buone intenzioni fa della interazione con Edgar, doppiato da Bud Cort, uno dei punti forti del film. Cort riesce a dare a Edgar una personalità che è al tempo stesso affascinante e inquietante, rendendo credibile l’idea di un computer innamorato.

Nel ruolo di Madeline, Virginia Madsen porta una bellezza classica e una sensibilità che rendono comprensibile perché sia Miles che Edgar siano attratti da lei. La sua performance è delicata e piena di sfumature, aggiungendo profondità a un personaggio che avrebbe potuto facilmente diventare solo un interesse amoroso bidimensionale.

“Electric Dreams” non è solo una storia d’amore insolita; è anche una riflessione sull’interazione tra umani e macchine. Edgar, con la sua intelligenza artificiale, rappresenta le possibilità e le insidie della tecnologia, un tema che è diventato sempre più rilevante con l’avanzare del tempo.

Pur essendo radicato negli anni ’80, il film offre uno sguardo sorprendentemente profetico sul futuro. Con la sua miscela di romanticismo, umorismo e riflessione tecnologica, è una pellicola che merita di essere riscoperta. Se non l’hai mai visto, preparati a essere trasportato in un mondo dove la tecnologia e l’amore si intrecciano in modi del tutto inaspettati.

E adesso?

Prima di tutto chiariamo che la canzone di Electric Dreams non l’aveva scritta il computer ma i Culture Club.

Queste opere, seppur fantascientifiche per l’epoca, hanno avuto delle intuizioni che oggi sembrano straordinariamente profetiche e analizzando questi film, possiamo riflettere su come alcune delle loro previsioni si siano realizzate e su cosa possiamo aspettarci nel futuro prossimo.

Una delle intuizioni più futuristiche del film è l’idea di un’AI che impara dai propri errori. Alla fine, il WOPR capisce che “l’unica mossa vincente è non giocare” attraverso un processo di apprendimento iterativo. In effetti giocare a Tris è alienante.

Oggi, questa capacità di apprendimento è diventata realtà con l’avvento del machine learning e delle reti neurali. Algoritmi come quelli utilizzati da AlphaGo di DeepMind hanno dimostrato che le AI possono imparare e migliorare attraverso l’esperienza. Questo ha implicazioni enormi, non solo nei giochi, ma anche in settori come la medicina, la finanza e l’industria automobilistica, dove le AI possono analizzare grandi quantità di dati, identificare pattern e ottimizzare le decisioni in modo autonomo.

Diverso e ben più complesso è invece lo scenario immaginato da Electric Dreams e nel 2013 riproposto nel film HER con Joaquin Phoenix e la voce di Scarlett Johansson (Micaela Ramazzotti nella versione Italiana).

Attualmente, le AI non provano sentimenti nel senso umano del termine. Sono programmati per riconoscere e rispondere alle emozioni umane, ma non le sperimentano realmente.

La ricerca sull’AI affettiva sta cercando di creare sistemi che possano simulare l’empatia, migliorando le interazioni uomo-macchina. Ad esempio, AI avanzate possono analizzare il tono di voce e le espressioni facciali per rispondere in modo appropriato, ma questo è ancora lontano dall’avere vere emozioni.

Nel breve e medio periodo, possiamo aspettarci che le AI diventino sempre più integrate nelle nostre vite, offrendo personalizzazione e migliorando l’efficienza in vari settori. Le AI continueranno a evolversi, diventando più autonome e capaci di svolgere compiti sempre più complessi senza supervisione umana.

Tuttavia, lo sviluppo di AI che provano sentimenti autentici rimane una sfida. Le questioni etiche e tecniche sono immense: possiamo davvero programmare una macchina per provare emozioni? E se sì, quali sarebbero le implicazioni morali e sociali?

In conclusione, “WarGames” e “Electric Dreams” hanno anticipato molte delle capacità che oggi vediamo nelle AI. Mentre continuiamo a esplorare i limiti della tecnologia, è fondamentale mantenere una prospettiva etica e umana su come queste intelligenze evolveranno e interagiranno con noi. Le intuizioni di questi film ci ricordano che, sebbene la tecnologia possa portare grandi benefici, dobbiamo anche essere consapevoli dei rischi e delle responsabilità che essa comporta.

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